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Commento alla decisione della Suprema Corte di Cassazione – Sez. V - n. 11404 del 30 aprile 2021

Avv. Alberto Renda e Avv. Federica Cocomazzi

Giurisprudenza Corte di Cassazione​

É legittima la determinazione analitico-induttiva dei ricavi effettuata anche in presenza di una contabilità formalmente corretta, a condizione che ne sia provata, in base ad altri dati e notizie raccolti, l’intrinseca inattendibilità. Con questo principio i Supremi Giudici hanno confermato la decisione della CTR della Puglia, che aveva ritenuto fondato l’avviso di accertamento, notificato ad un soggetto esercente attività di commercio all’ingrosso, con il quale era stato rideterminato il reddito d’impresa alla luce della documentazione, costituita da diverse pen-drive, reperite presso una società terza e attestanti l’esecuzione di operazioni commerciali non documentate da parte della contribuente. La Cassazione, richiamati i precedenti conformi e la normativa relativa ai poteri istruttori e conoscitivi dell’Ufficio, ha rigettato il ricorso del contribuente, affermando che l’azione accertatrice del fisco può spingersi al reperimento di informazioni presso i terzi che intrattengono rapporti con il contribuente le quali, incrociate con i dati contabili, costituiscono strumenti di verifica della fedeltà fiscale del soggetto accertato. In tale ipotesi, è legittimo il loro utilizzo da parte del Fisco come strumenti indiziari “qualificati”, non potendosi opporre la regolarità formale della contabilità o la necessità di dover assolvere ad un onere probatorio più gravoso. Spetterà al contribuente fornire prove contrarie di fatti impeditivi, modificativi o estintivi che dimostrino l’infondatezza dell’atto impositivo anche in presenza di un impianto contabile formalmente corretto. In via generale, la categoria degli accertamenti “analitico-induttivi” o “presuntivi” di cui al comma 1 lett. d), dell’art. 39 DPR 600/73 per le imposte sui redditi e al comma 2 dell’art. 54 DPR 633/72 per l’IVA, prevede la ricostruzione di ricavi e redditi imponibili mediante il ricorso anche a presunzioni semplici purché gravi (fortemente attendibili), precise (altamente probabili) e concordanti (risultato convergente tra più presunzioni applicate al caso concreto). In sostanza, partendo da alcuni dati analitici (elementi di fatto o materiali, documenti contabili o extracontabili, altri indici), l’Ufficio determina induttivamente il reddito d’impresa procedendo alla ricostruzione di una o più voci reddituali. La rettifica presuntiva del reddito non postula particolari condizioni per la sua applicabilità, a differenza dell’accertamento induttivo “puro” che richiede la sussistenza delle tassative condizioni previste dalla legge, tra cui rientra l'inattendibilità della contabilità. Spetterà al contribuente, come ribadito nella sentenza, dimostrare che il ragionamento dell'Ufficio non sia convincente, ovvero che gli elementi probatori raccolti non siano utilmente valutabili quali presunzioni qualificate.

Alberto Renda, Avvocato Tributarista Cassazionista, Professore a contratto di diritto tributario presso Università degli Studi di Teramo, Dottore di ricerca in diritto tributario delle Società presso Università LUISS, Socio CAT Abruzzo

Federica Cocomazzi, Avvocato del foro di Pescara

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