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Contrasto all’evasione dei tributi locali: illegittimità di sospensione e revoca di licenze e concessioni?

Prof. Avv. Angelo Cuva

Tributi Locali

1. Premessa

Il contesto storico nel quale si inserisce la fiscalità degli enti locali con le rilevanti criticità relative all’alto tasso di evasione e, più in generale, al loro equilibrio finanziario, è particolarmente difficile e notevolmente aggravato dalla epocale pandemia che ci ha colpiti.
Secondo una recente relazione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti ( memoria del mese di aprile 2021 sul D.L. n. 41/2021), nel 2020 i Comuni italiani hanno registrato 4,6 miliardi di euro in meno di entrate rispetto all’anno precedente. Di questi, 2,44 miliardi legati alla diminuzione delle entrate tributarie. Particolarmente rilevante risulta la perdita inerente la tassa per lo smaltimento rifiuti, che ha fatto registrare minori incassi per oltre un miliardo, con un calo del 17,6% rispetto al 2019. Contrazione che vede particolarmente penalizzati i comuni del sud e delle Isole ( per l’Italia insulare la riduzione entrate tributarie è pari al -10, 8% e per le extratributarie si registra un meno 14,3%).

In base a tali dati la Corte dei Conti evidenzia la necessità che lo Stato conceda nuove risorse ai comuni «per evitare che l’emergenza sanitaria, economica e sociale possa evolvere in situazioni di crisi finanziaria locale con conseguenze pesanti sulla finanza pubblica». Alla luce di questo quadro drammatico legato al contesto emergenziale appare ancora più urgente ed indifferibile un radicale intervento di ricostruzione dell’intero impianto dell’autonomia finanziaria dei comuni che ne faccia risorgere la sua identità da quelle che sono state correttamente definite “le macerie” dell’inattuazione della legge n. 42/2009 (legge delega) che ha minato l’essenza stessa del federalismo fiscale municipale.

In tale particolare momento nel quale l’Europa mette a disposizione delle risorse straordinarie, ma nel contempo ci chiama a realizzare delle riforme, bisogna richiedere con forza delle modifiche sostanziali al sistema della fiscalità locale ed all’autonomia finanziaria dei comuni sospendendo e rivedendo – come accade per gli stati membri dell’Unione – alcune regole relative ai vincoli finanziari e di bilancio (si pensi, tra gli altri, ai criteri di determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità che determina gravi difficoltà per l’ equilibrio dei bilanci comunali e che da strumento virtuoso, paradossalmente, può trasformarsi in una causa di una nuova patologia incurabile) non più compatibili con le condizioni drammatiche in cui versano gli enti locali.

2. Il contrasto dell’evasione dei tributi locali

Concentrando ora l’attenzione sul tema della prevenzione e del contrasto dell’evasione fiscale (con specifico riferimento all’accertamento ed alla riscossione) riteniamo che in una ottica generale di sistema non si possono non richiamare gli interventi invocati espressamente dalla Corte dei Conti già nel 2016 ( con l’articolata Deliberazione 11/2016/g), relativi all’efficientamento della riscossione; misure volte alla realizzazione della Tax compliance che costituisce la premessa fondamentale di ogni altro intervento. La Corte, correttamente, rileva che è necessario attivare tutti gli strumenti legislativi e le misure amministrative in direzione di una crescita dell’adempimento spontaneo: per un efficace azione di riscossione, infatti, le misure repressive non sono sufficienti; è indispensabile ridurre drasticamente la platea degli inadempienti. La lotta all’evasione comincia da un miglioramento dei rapporti tra contribuenti e amministrazione finanziaria, con un impegno di quest’ultima in direzione di una crescita dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, attraverso la semplificazione delle procedure, la cooperazione ed il dialogo con il contribuente sia nella fase della esecuzione delle obbligazioni che successivamente in sede di autotutela per rimediare ad eventuali errori. Sotto questo profilo si deve, infatti osservare che in Italia, purtroppo, i costi della Compliance sono molto elevati come risulta anche dal Rapporto della World Bank- Pwc (Paying Taxes 2020) che colloca la nostra nazione al 128 posto su 190 paesi del mondo. L’altro intervento prioritario, centrale, con riferimento specifico al tema in questione è quello relativo al ruolo ed all’azione dell’Ufficio tributi (o delle entrate) dei Comuni.

Qui riscontriamo una delle più gravi e croniche criticità della fiscalità locale atteso che, come è noto, tali uffici sono normalmente privi delle risorse umane necessarie, soprattutto nei piccoli comuni, che sono quelli più numerosi, a volte composti da una sola unità non di ruolo ma precaria; analoghi problemi affliggono anche i grandi comuni che hanno dotazioni assolutamente inadeguate alle molteplici funzioni da svolgere. Ecco che, allora, appare indispensabile una riforma organizzativa e strutturale degli Enti locali volta a potenziare gli uffici tributi che devono essere considerati tra i più importanti e da valorizzare, essendo quelli con il maggiore contatto con i flussi di entrata. In questo ambito va realizzato un coordinamento e uno stretto collegamento - che spesso sfugge - tra le fasi della gestione dei tributi e quelle dell’accertamento e della riscossione. Quest’ultima non può essere considerata una fase slegata ed avulsa dalle precedenti alle quali deve essere invece collegata da un rapporto funzionale dalla cui qualità dipendono anche l’efficacia ed i risultati della stessa attività di riscossione. Bisogna, quindi, tenere conto del ciclo vitale dell’obbligazione tributaria del quale la riscossione costituisce solo la fase terminale. Il gettito mancante, infatti, è ricollegabile alla gestione dell’intero ciclo della obbligazione tributaria. In tale contesto va, poi, ampliata e potenziata la riscossione pre coattiva, riducendo per quanto possibile il numero delle posizioni trasferite alla fase dell’esecuzione.

Vanno, ancora, ridotti i tempi dell’azione di accertamento dei tributi locali. Se si continua ad emettere gli accertamenti in prossimità della scadenza del termine di 5 anni previsto dalla legge e poi a procedere non tempestivamente alle azioni esecutive, si fa si che la riscossione coattiva inizi molti anni dopo dal momento in cui sorge l’obbligazione ed il soggetto passivo ha omesso il pagamento. E, quindi, dato questo elevato lasso temporale, i risultati della riscossione saranno di conseguenza estremamente modesti. Bisogna restringere il più possibile questa tempistica, ma tutto ciò ci riporta al tema precedentemente citato e relativo all’intervento sugli uffici fiscali, sulla struttura organizzativa degli Enti locali. Necessitano, quindi, investimenti in termini di risorse umane e di tecnologia informatica avanzata, interventi che però in mancanza di risorse (e, quindi, nel breve periodo) portano a valorizzare la scelta dell’affidamento a terzi soggetti particolarmente qualificati, in possesso dei requisti previsti dalla legge, della gestione delle entrate degli Enti locali. In questo ambito ed in tale prospettiva - che tiene conto della attuale e richiamata carenza strutturale - appare opportuno valorizzare la gestione associata del servizio di riscossione dei tributi locali. Una formula che è stata utilizzata positivamente in alcune regioni d’Italia, basti pensare al caso virtuoso dell’Unione dei Comuni modenesi area nord (Ucman).

E’ un modello che tiene conto proprio delle debolezze relative, principalmente, alla carenza di personale qualificato e finalizzato a costituire un ufficio che possa favorire prima di tutto l’adempimento spontaneo di cui parlavamo prima, supportando i contribuenti con diversi canali, con servizi di compilazione dei bollettini di versamento, con un sito web aggiornato, con guide semplificate per i vari tributi; in tal modo si possono raggiungere, con contenuti investimenti, quegli standard minimi propri di un efficiente modello di gestione delle entrate che i singoli comuni non sono in condizione di garantire.

3. Misure per contrastare l’evasione dei tributi locali: profili di illegittimità

L’art. 15-ter del c.d. Decreto Crescita (D.L. 34/2019, convertito nella Legge 28 giugno 2019, n. 58), ha introdotto una disciplina che prevede delle “Misure preventive per sostenere il contrasto dell’evasione dei tributi locali”. Una normativa rispetto alla quale, con una anticipazione concettuale rispetto alle conclusioni, riteniamo di esprimere delle forti perplessità in ordine alla sua opportunità ed al rispetto di alcuni principi generali in materia tributaria. Segnatamente tale disposizione ha stabilito che gli Enti locali possono, con norma regolamentare, condizionare il rilascio, il rinnovo e la permanenza di licenze e autorizzazioni ai soggetti esercenti attività commerciali o produttive, alla verifica del regolare pagamento dei tributi locali. La norma prevede, quindi, dei provvedimenti sfavorevoli per il contribuente che si possono inquadrare in quelle che la dottrina tributaria ha definito “sanzioni improprie” o atipiche riferendosi a “quel coacervo di strumenti di reazione alla violazione del precetto, non qualificati ne disciplinati dal legislatore come sanzioni, e purtuttavia aventi funzione affittiva-punitiva, concorrente con altre funzioni e non prevalente”. Quì, infatti, la finalità primaria indicata espressamente dal legislatore è quella di contrasto all’evasione dei tributi locali, che si congiunge a conseguenze sfavorevoli, anche di particolare rilevanza, nei confronti dei soggetti destinatari.

La disposizione presenta delle analogie ma, anche, delle differenze che ci pare debbano essere valutate criticamente, con una precedente norma, l’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50/2016 (così come modificato dal D.L. n.76/2020, convertito dalla L.120/2020) del c.d. Codice degli appalti, il quale prevede che “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione”. Infatti, mentre l’art. 80, che già aveva fatto molto discutere sulla sua legittimità, collega le conseguenze sfavorevoli (esclusione da una procedura d’appalto) a “violazioni gravi” e “definitivamente accertate”, la disposizione in esame invece fa un mero riferimento, quale presupposto per l’adozione dei provvedimenti sfavorevoli, al semplice rilievo di una irregolarità del pagamento dei tributi locali. La genericità ed ampiezza del dettato normativo lascia, evidentemente, agli Enti locali una grande discrezionalità nel definire la nozione di “irregolarità tributaria” che deve essere individuata con apposita norma nel Regolamento da adottare. Ciò sia per quanto attiene alle caratteristiche della condotta che al profilo quantitativo della violazione. Non avendo, infatti, il legislatore definito in maniera puntuale e dettagliata la fattispecie presupposto, ne fornito alcuna indicazione o criterio in ordine alla gravità della condotta, ciò può comportare, ed ha comportato - come vedremo richiamando alcuni dei Regolamenti emanati – una ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti di vari Comuni, sottoposti a regimi più o meno penalizzanti, e l’applicazione di provvedimenti di natura sanzionatoria - sanzioni improprie o atipiche (in verità, alcuni regolamenti parlano espressamente di sanzioni ) - che possono risultare non conformi ai principi generali, anche di rango costituzionale e comunitario, che devono regolare la materia, alla luce degli insegnamenti della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. E ciò perché anche per le sanzioni improprie (omnicomprensivamente intese), il legislatore – come ha osservato autorevole dottrina – deve rispettare i limiti di ordine razionale e costituzionale inerenti l'introduzione di misure sanzionatorie, quali la proporzionalità tra sanzione e violazione e la coerenza del sistema nel suo insieme.

Dalla Costituzione sembrano derivare vari limiti all'utilizzo delle sanzioni improprie da parte del legislatore ed, in particolare, quelli nascenti dall'art. 23, che contempla la riserva di legge per le prestazioni personali o patrimoniali imposte; e quelli riferibili all'art. 97, 1 c., in base al quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. In particolare con riferimento all’art. 23 dovranno essere previsti dalla legge: il soggetto passivo della prestazione coattiva, il fatto illecito al quale consegue la sanzione, il tipo ed i criteri di quantificazione di quest’ultima. Sulla base di questi principi la normativa in esame presenta delle evidenti carenze che a cascata si riflettono sulle norme regolamentari da adottare. Come già evidenziato l’art. 15-ter, infatti, si presenta come una norma a fattispecie aperta che non fornisce le indicazioni necessarie che devono delimitare la potestà regolamentare e non rispetta le condizioni minime derivanti dai citati principi costituzionali e unionali, sia sotto il profilo sostanziale che procedimentale. Difatti, nel fare un esclusivo riferimento alla “verifica della regolarità del pagamento” dei tributi la norma legittima un contesto nel quali i Comuni hanno teoricamente la possibilità di realizzare un meccanismo quasi automatico di adozione dei provvedimenti sanzionatori ( ad es. revoca della licenza …) che prescinde dalla contestazione del fatto illecito presupposto, dalla circostanza che lo stesso sia accertato definitivamente o che il contribuente abbia impugnato il relativo atto impositivo. Analizzando, infatti, alcuni regolamenti approvati dai Comuni abbiamo individuato delle norme relative alla definizione di “irregolarità tributaria” che, addirittura, prevedono che questa si configuri quando il “contribuente abbia un debito fiscale...per violazioni tributarie di omesso/parziale versamento di tributi comunali dovuti alle scadenze specificatamente previste per legge o dal regolamento comunale, prescindendo dalla eventuale notifica di avvisi di accertamento per il recupero dell’evasione o dal recupero coattivo con cartella esattoriale/ ingiunzione fiscale/ intimazione di pagamento, o qualsivoglia altro atto di avvio della riscossione coattiva”. Paradossalmente questo sistema può portare – in base a regolamenti di tal genere - alla applicazione della sanzione prima che venga accertata in modo incontestabile la debenza del tributo locale!

Per altro verso tale illimitata discrezionalità riguarda anche la identificazione della soglia minima della irregolarità tributaria che può legittimare i provvedimenti sfavorevoli ma che, nel rispetto del citato principio di proporzionalità, deve tenere conto di un adeguato rapporto tra gli effetti estremante gravi delle sanzioni (che incidono addirittura sulla possibilità di svolgimento dell’attività economica produttiva del reddito) e l’ammontare del tributo che si assume non pagato. Anche sotto questo profilo la ricognizione sommaria dei Regolamenti approvati dai Comuni vede individuate soglie diverse (da 200 a 10.000 €) che, oltre ad evidenziare inique ed irrazionali disparità di trattamento in ragione della residenza del contribuente, manifestano in molti casi una palese violazione del principio di proporzionalità in questione. Si pensi alla revoca (o anche la sospensione) di una licenza per attività commerciale disposta per la presunta irregolarità di 200 €. Ciò, pur tenendo conto dei procedimenti disciplinanti la verifica e la regolarizzazione della irregolarità e la possibilità di rateizzazione (non sempre previsti), manifesta la palese illegittimità di regolamenti di questo tipo proprio per un evidente contrasto con il principio de quo, alla luce delle precise indicazioni della Corte di Giustizia Europea che ha, tra l’altro, affermato (nella famosa sentenza Equoland) che la conformità di una misura sanzionatoria al principio di proporzionalità deve essere valutata tenendo conto “della natura e gravità della infrazione che detta sanzione mira a penalizzare, nonchè delle modalità di determinazione dell’importo della stessa” ( nel caso in esame, trattandosi di sanzione impropria, delle conseguenze sfavorevoli da essa derivanti).

Tale profilo di illegittimità ci porta, in fase conclusiva, ad evidenziare l’esigenza di una modifica normativa che intanto renda coerente la disciplina sul contrasto all’evasione dei tributi locali al corretto rapporto fra fonti legislative e regolamentari ed ai richiamati principi della legislazione comunitaria e domestica riguardanti le misure sanzionatorie, attraverso un definizione puntuale della fattispecie di irregolarità tributaria, dei parametri di determinazione delle misure sanzionatorie e degli aspetti procedimentali con specifico riferimento alle garanzie per il contribuente. Per altro verso le varie criticità osservate ci portano ad esprimere forti perplessità di ordine generale sulla ratio dell’istituto sotto il profilo della sua efficacia e della rispondenza agli obiettivi perseguiti che dovrebbero indurre il legislatore ad un suo ripensamento. E ciò sulla base delle medesime considerazioni che ci avevano portato a parlare di “eterogenesi dei fini” con riferimento alla strategia sanzionatoria in materia penale-tributaria. Anche la disciplina in esame, infatti, si inquadra in una logica punitiva volta a contrastare l’evasione attraverso una moltiplicazione delle sanzioni (proprie, improprie, “camuffate”) ed a un aumento della loro gravità che non può essere considerata vincente, ma che anzi sotto il profilo del rapporto mezzi utilizzati e fini perseguiti spesso conduce a risultati opposti a quelli che si vorrebbero conseguire. Nel settore della fiscalità locale gli strumenti più efficienti per il contrasto all’evasione – che indubbiamente è particolarmente elevata – sono quelli preventivi e non repressivi che abbiamo richiamato nella prima parte del nostro intervento ed invocati dalla Corte dei Conti ( rafforzamento della compliance, efficientamento della riscossione, in particolare quella pre-coattiva, riorganizzazione degli uffici fiscali e potenziamento banche dati degli enti locali, etc…). Sotto il profilo delle sanzioni è preferibile riuscire a fare applicare quelle già esistenti anziché aggiungerne altre (proprie o improprie che siano). Nello specifico, poi, della misura introdotta dall’art. 15-ter, questa presenta un ulteriore profilo proprio di contraddittorietà ed irrazionalità intrinseca che, appunto, ci porta ad inquadrarla tra le ulteriori manifestazioni dell’eterogenesi dei fini nella legislazione tributaria, che è rinvenibile nella struttura e negli effetti del meccanismo sanzionatorio che vorrebbe contrastare l’evasione colpendo, addirittura inibendo ed a volte pregiudicando, l’attività economica che produce ricchezza e che è fonte di gettito, potendo così determinare effetti contrari alle finalità perseguite.

Questa contraddizione logica oltre che giuridica ci porta, quindi, da un lato a ribadire l’esigenza di una revisione radicale dell’istituto, se non di un suo superamento. Per altri versi, con riferimento al particolare ed eccezionale momento emergenziale che stiamo vivendo che impone l’adozione di nuovi paradigmi anche in materia fiscale, queste perplessità vengono aggravate, anche alla luce dei principi generali di solidarietà economica e sociale che in tale contesto devono operare, inducendoci a rivolgere una raccomandazione agli Enti locali che hanno adottato i regolamenti in materia, a sospenderne (o limitarne) l’applicazione per tutto il periodo in cui si esplicheranno gli effetti devastanti della pandemia da Covid 19 (qualche regolamento opportunamente contiene già questa previsione) e, in una prospettiva a regime, se non intervengono le modifiche legislative invocate, a rivedere i regolamenti stessi tenendo conto dei principi generali più volte richiamati che devono caratterizzare un equo ed efficiente ordinamento tributario, che contemperi l’esigenza del contrasto dell’evasione con le inviolabili garanzie del contribuente.

Prof. Avv. Angelo Cuva, Docente di Diritto Tributario Università di Palermo, V. Presidente UNCAT

FONTE: IL FISCO, N. 10/2022, ED. WOLTERS KLUVER

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