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Credito R&S obbligo parere preventivo MISE

avv. Gennaro Nunziato

Giurisprudenza Locale

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con la sentenza n.4988/22 depositata il 2.5.2022, ha annullato un atto di recupero del credito di imposta per attività di Ricerca e Sviluppo, previsto dall’art. 3 del D.L. n.135/2013, considerato dall’Agenzia inesistente. In accoglimento della tesi della contribuente, la CTP di Napoli considera illegittima la pretesa impositiva perchè, nel fornire la valutazione tecnica sull’ammissibilità dell’agevolazione, l’Agenzia non si è avvalsa del parere del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), previsto dal comma 2 dell’art.8 del decreto attuativo D.M. del 27/05/2015 (pubblicato nella Gazz. Uff. 29 luglio 2015, n. 174).

L’Agenzia contesta che si tratti di attività volta al miglioramento organizzativo e non realmente “innovativa”, anche perché riconducibile alla “implementazione di un software che costituiva lo sviluppo di un’architettura informatica già conosciuta, da adattare alle esigenze della società”, attività in sé non classificabile nella ricerca innovativa agevolabile. La contribuente si difende nel merito osservando che l’attività di R&S è finalizzata ad acquisire nuove conoscenze da utilizzare per la messa a punto di innovativi processi organizzativi in ambito sanitario. In ordine alla motivazione dell’atto di recupero ed alla prova, la contribuente denuncia che l’Agenzia non può svolgere in autonomia valutazioni tecniche finalizzate a sorreggere il disconoscimento del credito d’imposta. Per poter emettere un atto di recupero validamente motivato, essa avrebbe dovuto richiedere il parere preliminare del MISE. L’Agenzia non può svolgere in autonomia valutazioni “tecniche” estranee al proprio normale ambito funzionale, finalizzate a sorreggere – in termini di motivazione in fatto del recupero e di prova nel processo - il disconoscimento del credito d’imposta per ricerca e sviluppo.

Con la sentenza in commento, la CTP di Napoli, pur ricordando in premessa che la richiesta di parere al MISE costituisce una facoltà e non un obbligo per l’Agenzia, scrive che “…. tale facoltà, a fronte di problematiche tecniche di grande complessità e delle asseverazioni di un organismo di ricerca istituzionalmente riconosciuto, quale è ……, doveva necessariamente essere esercitata, sia perchè l’Agenzia delle Entrate non può rivendicare dirette conoscenze di natura tecnico-scientifica tali da consentire una congrua valutazione circa la rispondenza delle attività di ricerca e sviluppo ai parametri normativamente previsti per la fruizione del credito ‘imposta, sia perché le pur articolate motivazioni espresse nell’atto impositivo, in mancanza di un parere tecnico, emesso dall’organo a ciò preposto (il MISE), si pongono di fatto sullo stesso piano delle altrettanto articolate deduzioni difensive e, quindi, appaiono intrinsecamente insufficienti a legittimare la pretesa impositiva”. In senso conforme altri precedenti giurisprudenziali di merito (CTP Ancona sentenza n.392/2021, CTP di Vicenza, sentenza n. 365/2021).

Questo orientamento giurisprudenziale di merito che va formandosi ha alla propria base questo ragionamento. La verifica degli elementi richiesti dal così detto Manuale di Frascati sono altamente tecnici e complessi, tali da non potere essere accertati se non da parte di un organo qualificato che deve possedere molteplici e specialistiche competenze, quale è il MISE. Al riguardo è sufficiente pensare agli infiniti campi di ricerca e possibili correlate attività, per escludere a priori che l’Agenzia possegga quelle competenze. Le osservazioni dell’Agenzia contenute nell’atto di recupero – salvo casi di marchiana evidenza – non sono in grado di “sconfessare” la corrispondenza dell’attività di ricerca ai criteri tecnici. La giurisprudenza in commento è come se, una volta assimilato l’accertamento alla domanda giudiziale, respingesse questa per carenza di valida prova. L’Agenzia deve giustificare il recupero contestando la presenza dei requisiti tecnici richiesti dalla legge. A tal fine il legislatore prevede una “prova qualificata” – il parere del MISE – e, pur vero che l’Agenzia non è obbligata a tanto, se essa sceglie di non avvalersene deve essere in grado – sul piano tecnico – di dimostrare l’assenza dei requisiti e di conseguenza la non spettanza del credito di imposta.

avv. Gennaro Nunziato, Avvocato Tributarista in Napoli

Fonte: portale contenzioso de Il Sole 24 Ore

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