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Riforma della giustizia tributaria anno zero. Ordinamento e processo: vere novità?

Avv. Antonio Damascelli

Ordinamento tributario, riforme e professione

Riforma della giustizia tributaria anno zero. ordinamento e processo: vere novità?

Firenze 3 Febbraio 2023.

I sei anni trascorsi alla guida della nostra Unione sono stati meravigliosamente sorprendenti e, nel complesso, gratificanti per la sua crescita esponenziale in termini di posizionamento nel panorama nazionale. Ho assunto la rappresentanza di Uncat con l’impegno di attendere al mandato come primus inter pares, con l’impegno che avrei incoraggiato il vigore intellettuale di ciascun componente del Consiglio e di ciascuna Camera locale perché si andasse oltre il perimetro della semplice invocazione dell’esistere della nostra figura professionale e con la prospettiva di dimostrare nel concreto dispiegamento del facere il rilievo professionale, culturale, sociale dell’Avvocato tributarista, figura ancora opaca al popolo dei contribuenti eppur efficacemente rappresentata nelle Istituzioni statali, nel mondo accademico e nelle aule giudiziarie.

Ho inteso sei anni or sono dare un diverso e nuovo impulso alla nostra attività, idoneo a farci uscire dal guscio domestico e qualificarci vieppiù alle istituzioni, pubbliche e private.

Uncat doveva imporsi all’attenzione esterna e per far questo aveva bisogno di nuova adrenalina, di una scossa emozionale che irrompesse nella collettività alla quale dire “guardate noi ci siamo”.

Il percorso non è stato facile né sarà facile in futuro, anzi diventerà sempre più arduo nella misura in cui Uncat, consolidata la propria collocazione all’interno della dialettica nazionale, dovrà ulteriormente crescere, perché c’è ancora strada da fare, e continuare ad assumere posizioni scomode, scomode perché non accomodanti e non di compromesso, posizioni che non esprimeranno un’accondiscendenza di facciata bensì la rivendicazione energica della funzione del giurista quale baluardo della dimensione giuridica della vita collettiva ed argine del potere politico e dell’Amministrazione, nei limiti dei mezzi concessi ad un’associazione specialistica.

Il corollario di questa asserzione è l’accentuazione del senso di responsabilità dell’uomo di diritto di fronte alla funzione culturale e alla sua identità professionale.

Ascrivo all’impegno di tutta l’Unione l’avvenuta approvazione della riforma che ha istituito il giudice professionale, a tempo pieno, inserito per concorso nella giurisdizione tributaria. L’abbiamo voluta, pretesa, conquistata con la forza della ragione e della volontà. Il nostro progetto è stato utilizzato dalle forze politiche parlamentari per costruire la legge: ricordo a me stesso che siamo stati auditi dalle commissioni parlamentari Finanze Camera e Senato, dalla speciale Commissione interministeriale, innanzi alle quali ci siamo presentati con nostri documenti illustrativi e critici. Ricordo che nel nostro progetto di riforma della giustizia tributaria erano stati disciplinati, altresì, la fase transitoria, il tirocinio dei vincitori di concorso e l’istituzione dei Consigli giudiziari, utili a livello locale per le tabelle di valutazione.

Nonostante le riserve avanzate da Uncat alle pressioni corporative e la difesa del testo del disegno di legge 2636, che limitava il concorso ai laureati in giurisprudenza, l’accesso al concorso è stato allargato ed esteso ai laureati in economia, in considerazione della specialità e del tecnicismo della materia. Chiaramente capziosa è l’affermazione che il processo tributario si occupa di economia e di contabilità, che presuppongono la conoscenza della partita doppia. Al contrario, la legge fiscale si occupa del conto economico, cioè dei componenti positivi e negativi che determinano il reddito imponibile, componenti di cui si occupa il codice civile e che sono disciplinati da norme contenute nelle leggi fiscali. Idea palesemente falsa, poiché altrettanto tecnica e specifica è tutta la legislazione (Il diritto insegue l’economia, ha scritto Natalino Irti).

Ma c’è di più: l’allargamento dell’accesso al concorso di magistrato tributario ai laureati in economia impedirà sul nascere la progressione in carriera e il passaggio alla Corte di legittimità, segnatamente alla sezione tributaria ora costituita per legge. Ecco la ragione della nostra opposizione non viscerale, non di pancia, all’apertura ai laureati in economia come disposto dal Parlamento.

L’altro aspetto non soddisfacente della riforma è la mancata modifica (restringimento) del perimetro soggettivo della difesa tecnica, ancora estesa ad una platea eterogenea di figure professionali. Nel nostro progetto originario affidato alle forze politiche e presentato agli organismi parlamentari, avevamo previsto la riserva della difesa ad avvocati e commercialisti. Tema scottante, sul quale siamo ritornati in un secondo momento, in virtù di una predisposizione organica della giurisdizione (dalla realizzazione della sezione tributaria della Suprema Corte, al rinvio pregiudiziale che, sia pur previsto inizialmente nel disegno di legge 2636 ma non inserito nella legge, secondo l’Ufficio Massimario della medesima Corte si applicherebbe anche al processo tributario per effetto del rinvio operato dal decreto 546/92). Abbiamo ritenuto e riteniamo, infatti, che il processo sia degli avvocati e competa solo agli avvocati la difesa tecnica allo scopo di garantire al meglio il diritto di difesa del contribuente sin dal suo sorgere. C’è, infine, il problema del MEF, della dipendenza dal MEF dei giudici tributari attuali e dei magistrati futuri.

Pur ritenendo che la conservazione dello status quo sia un’anomalia e vada presto risolta, tuttavia anche in sede di audizione presso la Commissione bicamerale presieduta dal prof. Giacinto della Cananea abbiamo detto che, se questo scoglio avesse ostato alla riforma, ce ne saremmo data una ragione, purchè la legge venisse varata. Così è stato ma auspichiamo che il cordone ombelicale sia reciso e al più presto. Di queste criticità Uncat si è fatta carico e in un Comunicato stampa dell’agosto 2022 ha affermato che l’accesso al pubblico concorso per diventare magistrati tributari ai laureati in economia, da un lato, e il mantenimento dello ius postulandi a categorie diverse dall’avvocatura, minava le fondamenta della quinta giurisdizione prima ancora che sorgesse. Sulla riforma c’è stato molto tartufismo e la resistenza al nuovo è stata fortissima da parte dei giudici tributari. Non può non stupire il destarsi di sensibilità costituzionali in epoca assai sospetta, cioè all’indomani della riforma. Non può non sorprendere che solo adesso si scopra che la dipendenza dal MEF privi il giudice tributario della serenità di giudizio; non può non sorprendere che desti allarme il dipendere dalla stessa pubblica amministrazione alla quale fino al giorno prima si chiedeva l’aumento dei compensi ritenuti incongrui e non adeguati alla qualità e quantità del lavoro.

Pur con tutte queste aporie, comunque, l’introduzione nell’ordinamento del magistrato a concorso, al di là dei tempi di effettivo avvio, supera ogni altra asperità del sistema.

Di strada ne abbiamo percorsa molta.

Abbiamo intessuto relazioni e sottoscritto protocolli col MEF, interloquito con gli organi parlamentari, con quelli apicali dell’Agenzia Entrate, con gli organi magistratuali di legittimità e di merito, abbiamo coltivato relazioni con le istituzioni forensi e le associazioni magistratuali tributarie di vertice, siamo stati attenzionati e apprezzati dalla stampa nazionale specializzata e non, abbiamo cercato di gestire i tempi della pandemia nel confronto con la magistratura tributaria, delegata dal legislatore a mettere in campo le prassi più adatte per assicurare il governo della giurisdizione. E lo abbiamo fatto con grande apprezzamento venuto dall’esterno.

I punti cardine della nostra visione del sistema fiscale in più occasioni divisate alle istituzioni in documenti ufficiali, in sintesi, sono i seguenti:

  • Legislazione per principi e superamento del metodo semplicemente casistico;
  • Codificazione, con la sostituzione alla frammentazione di predicati giuridici unificanti;
  • Costituzionalizzazione dello Statuto dei diritti del contribuente o, quanto meno, rafforzamento delle disposizioni generali ed impedirne lo svuotamento mediante le continue deroghe ai principi di irretroattività e di affidamento. Mi piace ricordare alcune tappe significative del nostro percorso collettivo, del quale sono grato a tutti i componenti del Consiglio direttivo, i quali si sono adoperati secondo le rispettive sensibilità e compiti loro assegnati in modo condiviso ad inizio consiliatura:
  • L’incontro al MEF il 25 settembre 2017 col direttore del dipartimento della giustizia tributaria dott. Fiorenzo Sirianni e la successiva sottoscrizione con la Direttrice prof. Fabrizia Lapecorella di un protocollo per monitorare il processo tributario telematico;
  • L’incontro nella sede dell’Agenzia delle Entrate col Direttore avv. Ernesto Maria Ruffini il 13 ottobre 2017;
  • La partecipazione e la relazione alla giornata di inaugurazione dell’anno giudiziario tributario del 23 febbraio 2018;
  • L’approvazione delle linee guida della riforma della giustizia tributaria, condivise dal comitato scientifico e dal comitato dei presidenti, da parte del Congresso Uncat il 29 settembre 2018 e dal Congresso nazionale forense di Catania nell’ottobre 2018;
  • Le plurime audizioni di Uncat in Commissione Finanze di Camera e Senato;
  • L’approvazione da parte del c.d. il 31 gennaio 2019 del testo della proposta di legge di riforma della giustizia tributaria;
  • La celebrazione del convegno sulla riforma della Giustizia tributaria in occasione del Congresso nazionale forense tenuto a Roma il 5 aprile 2019 alla presenza di rappresentanti del Parlamento, organi sindacali nazionali e dell’Avvocatura Generale dello Stato;
  • La celebrazione del VI congresso nazionale Uncat a Napoli il 13 dicembre 2019, nel corso del quale fu ribadita la posizione sulla riforma;
  • La partecipazione collaborativa col COA di Roma al convengo sulla Riforma il 14 gennaio2020;
  • La partecipazione alla conferenza stampa promossa da Uncat con le rappresentanze dei partiti politici nell’aula della Camera dei deputati il 20 aprile 2021;
  • L’audizione presso la Commissione interministeriale per la riforma presieduta dal prof. Giacinto della Cananea il 24 maggio 2021;
  • La partecipazione al Congresso nazionale forense nel luglio del 2021;
  • L’audizione innanzi alle Commissioni riunite Finanze e Giustizia del Senato sul disegno di legge del Governo (A.S. 2636) del 28 giugno 2022;
  • L’approvazione della mozione sull’intelligenza artificiale e giustizia predittiva da parte dell’assemblea dei delegati al congresso nazionale forense di Lecce 2022, con la percentuale del 78% dei votanti;
  • La presa di posizione sulla legge di riforma della giustizia tributaria affidata al comunicato stampa del 9 agosto 2022, col quale abbiamo plaudito, comunque, al finale introduzione del giudice vincitore di concorso e non più onorario.

Mi piace ricordare ancora la nostra audizione innanzi alle Commissioni riunite Camera e Senato sulla riforma fiscale, frutto di un accurato lavoro collettivo, nel quale abbiamo esposto la nostra posizione condivisa in tema di progressività del sistema e in tema di tax expenditures, di crediti d’imposta, la partecipazione di Uncat alla raccolta degli interventi, a cura del Sole 24 Ore, sulla riforma fiscale.

Recentemente, in data 24 gennaio u.s. Uncat è stata audita dalla Commissione Finanze Senato, nell’ambito di un’indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale, segnatamente dei crediti d’imposta. In questa occasione Uncat ha prodotto un documento, a tutti Voi inoltrato, sui crediti d’imposta.

E veniamo, infine, ai nostri giorni a quelli del congresso forense di Lecce, ove abbiamo imposto che si parlasse di intelligenza artificiale e di giustizia predittiva. All’interno del congresso abbiamo svolto un convegno sul tema della nostra mozione.

La mozione ha riscosso molto successo, soprattutto dalla speciale Commissione istituita da OCF, ed è stata ripresa anche dalla stampa nazionale interessata dal tema e dagli argomenti da noi proposti.

Abbiamo sostenuto come il ricorso all’IA non possa e non debba pregiudicare gli interessi costituzionalmente protetti e i criteri in base ai quali i poteri decisionali vengono esercitati devono essere resi noti ed accessibili Abbiamo chiesto di preservare il principio di legalità, nel senso che i criteri sui quali impostare l’IA non possono prescindere dal diritto positivo, ed il principio di capacità contributiva, in modo che l’IA dovrà garantire che il prelievo sia allineato a questo principio.

La dottrina sta studiando con molta attenzione il fenomeno, sia dal punto di vista dell’agire dell’Amministrazione che dei contribuenti. Si è posto il tema della motivazione dell’atto amministrativo e dell’uso dell’algoritmo utilizzato per l’elaborazione dei dati ma non conoscibile. Il destinatario deve essere messo in condizione di comprendere sia il fondamento di ciò che viene contestato sia il procedimento logico attraverso cui l’Ufficio è potuto pervenire alle riprese fiscali.

Ebbene, nel caso dei sistemi intelligenti la ricostruzione del procedimento logico non può prescindere dall’accesso all’algoritmo. Pensiamo alle contestazioni basate sull’abuso del diritto, non senza considerare che, nell’ipotesi in cui neanche l’Agenzia avesse accesso all’algoritmo e non fosse in grado di illustrare il percorso dell’accertamento che trae origine da quello, come è stato sostenuto dalla dottrina, creerebbe un problema di subordinazione dell’amministrazione all’algoritmo.

Dalla parte del contribuente la motivazione dell’atto è strumentale all’esercizio del diritto di difesa e il diritto alla conoscenza e/o alla contestazione potrà richiedere un plus di attività istruttoria (pensiamo alle consulenze tecniche per accertare la portata dell’algoritmo), che aumenterà i costi del processo.

Sul piano della giustizia predittiva, Uncat ha convenuto col CNF la presenza di nostri rappresentanti all’interno del Prodigit, cioè del progetto sperimentale di giustizia predittiva ideato dal CPGT a supporto della giustizia tributaria: progetto riguardante la digitalizzazione dei servizi, la creazione dell’hub del Giudice Tributario; la prevedibilità della decisione alla competitività del comparto. Il progetto è poi stato inserito nel PNRR nazionale, nel capitolo “La riforma della Giustizia Tributaria” e la sua attuazione, di conseguenza, è funzionale al raggiungimento degli obiettivi del Piano. Uncat è rappresentata dai consiglieri Massimo Ferrante, Fabiola Del Torchio e Silvia Siccardi, mentre il v .presidente Michele Tiengo, è stato chiamato a far parte del Comitato etico.

Sul tema dell’AI e della giustizia predittiva qualche riflessione va spesa.

Come già sapete con la mozione approvata a Lecce abbiamo chiesto la istituzione di un’autorità terza e indipendente e abbiamo chiesto, altresì, che la progettazione e la gestione degli strumenti di I.A., applicati al processo tributario e al procedimento amministrativo tributario, siano effettuati in modo da salvaguardare il rispetto dei diritti costituzionali dei contribuenti. L’avvento dell’elettronica e delle tecnologie legali sono destinate, con l’introduzione delle macchine, in verità già presenti nel mercato, ad incidere nell’organizzazione del lavoro degli studi e nella valutazione dei servizi legali. Arriveremo molto presto a fare i conti con nuovi scenari e ad attrezzarci coi nuovi scenari: pensiamo, ad esempio, al mercato elettronico dei servizi legali e ai sistemi di valutazione on line, al pari degli alberghi e ristoranti; alle guide legali on line (forniture di informazioni e soluzioni giuridiche da settori a basso valore, come per l’incidentistica, a quelli ad alto valore come le questioni commerciali complesse) e per gli avvocati tradizionali potrà essere un passaggio cruciale. La legge, la conoscenza della legge, potrà essere sostituita da strumenti tecnologici di allarme.

Tutto questo, alzando il livello di analisi, ci porta a domandarci come, secondo quali modelli, in un contesto di nuova organizzazione sociale dominata dalla techne, il diritto, regolatore dello stato sociale, potrà continuare a svolgere questa sua funzione. Dobbiamo chiederci se, in un contesto dominato dalla techne, possa imporsi una deresponsabilizzazione delle capacità individuali o quali siano i terreni di realizzazione delle performance. Resta da chiedersi e da indagare se il modello weberiano, secondo il quale il diritto dispone di una propria razionalità indipendente dalla morale, in ciò fondandosi la base di legittimità del potere legale, possa ancora imporsi a livello concettuale oppure se sia più realistica la posizione di chi ha sostenuto che la legalità può attingere legittimità solo da una cosiddetta razionalità procedurale ricca di contenuti morali. Si tratta, in sostanza, di ripensare al rapporto tra diritto e morale e in quest’ottica e nel nostro ambito specialistico si tratterà – si tratta già – di vigilare affinchè la razionalità weberiana del diritto regolatore dello stato sociale non sfoci, attraverso il ribaltamento dalla prospettiva privatistica di Weber, in un rafforzato potere dello Stato capace di soffocare gli spazi di autonomia e di legalità.

Occorrerà cambiare la Costituzione? L’art. 97, che impone agli uffici di assicurare il buon andamento e l’imparzialità, come andrà interpretato se l’algoritmo non sarà predisposto in modo da garantire imparzialità e buon andamento? E’ importante essere consapevoli che non possiamo impedire il progresso tecnologico né possiamo schierarci pregiudizialmente contro lo stesso, riguardi il processo telematico o la giustizia predittiva, ma al tempo stesso abbiamo l’obbligo di vigilare per assicurare la salvaguardia del rapporto uomo macchina. A questo punto non posso trascurare una menzione speciale per la Scuola di alta formazione e per il suo impareggiabile direttore Michele Di Fiore, il quale le dedica moltissima parte del suo tempo e con risultati apprezzati sotto gli occhi di tutti. La scuola ha stretto convenzioni con tre Atenei italiani di prestigio, Napoli, Teramo e Milano Bocconi e del comitato scientifico fanno attualmente parte i professori Massimo Basilavecchia, quale presidente, e Fabrizio Amatucci. Questo ha consentito di offrire al corpo discente il miglior prodotto della scienza giuridica tributaria, unitamente a quello derivante dal mondo delle professioni. Sollecito tutti i presidenti ad adoperarsi fattivamente per acquisire nuovi iscritti al corso in partenza a marzo e vincere la concorrenza. Ho lasciato per ultimi, ma non ultimi, due menzioni.

La prima è relativa alla prof. Claudia Morelli, responsabile della comunicazione. Il valore aggiunto costituito dalla sua professionalità è nei fatti. Contatti e impostazione delle relazioni con istituzioni e associazioni, diffusione tempestiva dei nostri interventi, individuazione specifica dei momenti e dell’oggetto delle nostre uscite, accreditamento presso la stampa nazionale sono stati tratti con lei condivisi e dalla prof. Morelli facilitati e, grazie ai quali, assai agevolmente abbiamo raggiunto le platee dell’opinione pubblica e dei decisori politici. Le sono, quindi, estremamente grato per la sensibilità e la passione con la quale ha svolto il suo lavoro, per noi fonte di plusvalore. Non ultimo ma per ultimo un particolare ringraziamento sento di rivolgere a Massimo Ferrante, per il quale ogni onore non varrebbe a compensare il lavoro da lui svolto con passione, tenacia, puntualità ed equilibrio. Sempre prezioso nelle valutazioni e nei suggerimenti, per l’Unione Massimo è stata la garanzia, la cassaforte del nostro operare e per me sempre il riferimento per un confronto utile a dipanare dubbi.

Possiamo compiacerci di avere visto aumentare da 25 a 36 il numero delle Camere che hanno chiesto di associarsi ad Uncat; sono state ammesse dal 2017 ad oggi 11 nuove camere e questo risultato è frutto dell’apprezzamento dell’attività svolta sul campo dalla nostra Unione. Devo dare atto che molte camere sono state particolarmente attive, svolgendo un lavoro alacre sul territorio, anche in periodo pandemico, sia per indagare sul piano interpretativo le disposizioni sul processo e la sua agibilità sia per trovare soluzioni comuni con gli organi apicali della giurisdizione di merito affinchè le udienze, segnatamente quelle a distanza, potessero ugualmente essere celebrate. Ricordo, fra tutte, la battaglia in estenuanti incontri con i magistrati perché il diritto all’udienza in presenza potesse essere riconosciuto.

Alla crescita numerica delle Camere e allo slancio di appartenenza di quelle nuove si è contrapposta, purtroppo, un’incredibile ostilità di isolate camere territoriali. Siracusa si è spontaneamente messa da parte e ha dichiarato di sospendere la sua appartenenza ad Uncat.

Più amareggiante è stata ed è la pozione della Camera di Caserta e del suo presidente, i quali hanno affidato a tre querele verso nostri associati e a due citazioni avanti il Tribunale civile di Roma per la declaratoria di nullità di una delibera assunta senza che fosse stato convocato il presidente di Caserta.

Riferisco che, allo stato, i querelati sono stati prosciolti mentre la richiesta ex art. 700 al Tribunale di Roma di decadenza per ineleggibilità alle cariche del sottoscritto nonché dei consiglieri Raffaella D’Anna e Angelo Cuva per superamento del doppio mandato è stata rigettata con ampia motivazione.

Resta in piedi il contenzioso innanzi allo stesso Tribunale diretto ad ottenere la declaratoria di nullità di una delibera del Direttivo perché non convocato nel rispetto dei termini previsti dallo Statuto né ritenuto comunicato alla Cat Caserta il relativo odg. (si trattava nella specie di licenziare con urgenza un comunicato da inviare all’OCF in vista dell’incontro il giorno successivo tra l’Organismo congressuale forense e il Ministro della Giustizia).

Spiace ricordare che il Consiglio direttivo ha rimesso al Collegio dei probiviri di sindacare e individuare la sanzione nei confronti della Camera di Caserta per avere questa segnalato al CPGT come inopportuna e contraria alla tutela della salute dei giudici tributari la sollecitazione al CPGT, da parte di Uncat, a depositare le sentenza anche in periodo di Covid.

Attualmente si è in attesa della pronuncia del Collegio ma non posso mancare di osservare che, da tutta la vicenda, se si fossero vinte timidezze e remore interne, saremmo usciti anzitempo. Mi auguro con tutto il cuore che la ragione e il senso di appartenenza possano alla fine trionfare e consentire a tutti di ritenere gli accadimenti occorsi quali conseguenza di una specie di trascinamento inconscio non voluto.

Rammento Ovidio e le Metamorfosi “Meliora video proboque, deteriora sequor” e resto convinto, anche da avvocato oltre che da uomo, che si possa sbagliare in tanti modi e per qualunque scelta ritenuta intimamente giusta e che opposti e nuovi orizzonti si possano aprire. Ma ritengo al tempo stesso che si sbagli scientemente a ritenere l’altro il proprio nemico. Questa è la dimensione schmittiana, delle categorie della politica nella relazione amicus/hostis, relazione che non ci deve possedere.

Il governo della nostra Unione richiede altruismo, sacrificio, dedizione oggettiva. Diversamente, non si va lontano. Un grande e caro augurio alla nostra Unione.

Firenze, 3 Febbraio 2023 Avv. Antonio Damascelli - Presidente Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi

**Riforma della giustizia tributaria anno zero. **

Firenze 4 febbraio 2023

Alexis de Toqueville affermò lo stretto legame dell’idea dei diritti e del diritto con la forza e l’indipendenza del potere giudiziario. Il potere giudiziario, in quanto tutelava i diritti soggettivi, era un potere semipolitico e per tutti questi caratteri (sommamente l’obbligo di motivare o di notificare i provvedimenti con determinate forme), che egli riteneva radicati nell’ancien regime, potè affermare che “questa è la sola parte dell’educazione di un popolo libero che l’antico regime ci abbia dato”. I tratti distintivi del potere giudiziario erano individuati nella inamovibilità sulla quale si fondava la tendenza alla stabilità, fondamentale per l’idea dei diritti.

Toqueville intuì i caratteri del potere giudiziario come istituzione umana e così distinse questi caratteri:

  1. esso giudica solo quando insorga una controversia e non sulla legge
  2. pronuncia su casi particolari
  3. pronuncia solo quando è adito

L’istituto dei giudici rappresenta storicamente la stessa idea dei diritti e del diritto. Questa idea e la forza del potere giudiziario stanno in rapporto di interdipendenza: là dove il potere giudiziario è forte lo è l’idea del diritto e dei diritti; là dove questa idea è debole lo è anche il potere giudiziario se nel costume non è sentito il diritto come norma e come diritto soggettivo.

Mentre nella democrazia il potere giudiziario è la salvaguardia del popolo, nello Stato moderno post rivoluzionario la tendenza è quella di indebolire il potere giudiziario, quale conseguenza della decadenza dell’idea del diritto e dei diritti. Per T. il problema del diritto, come problema dell’accentramento assorbente, era il problema del potere giudiziario. L’indebolimento del diritto soggettivo richiede l’intervento del potere giudiziario per la sua difesa contro l’invadenza del potere statuale che lo mette in pericolo. L’infiacchimento dei diritti soggettivi ed il loro disprezzo tanto da parte del potere centrale che dei cittadini si riverbera sull’abito dei giudici: la decadenza del potere giudiziario consegue all’ampliamento delle funzioni dello stato moderno.

T. colse la tendenza dello Stato moderno sotto due aspetti: la prepotenza del potere esecutivo o amministrativo e quella del potere legislativo. Quanto al primo aspetto, la tendenza dello Stato moderno ad indebolire il potere giudiziario si traduceva nell’istituto dei tribunali amministrativi, sottraendo ai giudici la cognizione delle controversie tra lo Stato e i cittadini.

Ma è il secondo aspetto che disvela i problemi più gravi: il predominio, la tirannia del potere legislativo sul giudiziario, che si riflette nel suo corpo interno (nomine, promozioni, trasferimenti etc). L’altra ragione sta nell’affermazione del diritto statuale, cioè la volontà illuminata e razionale del legislatore avviatasi con le codificazioni. I giudici erano i depositari del diritto extrastatuale, la sacra maestà della legge, che lo Stato non poteva toccare. Lo Stato moderno sovverte quel rapporto e con l’ampliamento del potere legislativo, con l’affermazione della volontà generale, razionale e illuminata determinerà la confusione dei poteri a scapito del giudiziario. Si può dire che la divisione dei poteri più che garantire l’indipendenza dei giudici fu escogitata per garantire l’indipendenza dell’esecutivo e del legislativo dalle invadenze estranee.

Per queste ragioni il problema dell’indipendenza dei giudici è un problema che sorge nel mondo moderno e non si poneva nell’antico regime poiché i giudici erano e si sentivano indipendenti, anzi invadenti. In tal modo T. potè dire che l’idea dell’indipendenza dei giudici è moderna. Saltiamo ai giorni attuali ed alla legge 130/2022, che ha riformato i criteri di reclutamento dei magistrati tributari attraverso pubblico concorso ma ha mantenuto la dipendenza dal MEF dell’amministrazione della giustizia tributaria. Giudici e personale di segreteria dipendenti del MEF.

Ci troviamo nella stessa situazione storica e politica? La riforma lede effettivamente la indipendenza del giudice, prima ancora che compaia nelle aule di udienza la nuova figura, si da rendere prioritaria ed assorbente la rimessione della questione alla Corte Costituzionale? Il trasferimento ad altro organo dell’esecutivo, segnatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata richiesta da Uncat.

A mio parere e dell’Unione il tema esiste, ribadisco l’opportunità che il trasferimento dal MEF sia necessario ma questo tema è un prisma che va osservato fuori dagli schemi interpretativi correnti. A fronte della permanenza del rapporto di dipendenza diretta dal MEF si sono, infatti, già sollevate le reazioni dei giudici tributari attraverso due ordinanze, con le quali la questione della falsa indipendenza dei giudici e del personale amministrativo è stata rimessa al vaglio della Corte Costituzionale.

Non intendo entrare nel merito delle ordinanze ma desidero fare delle osservazioni generali.

Prima osservazione:

Sorprende che il tema dell’indipendenza della magistratura tributaria sia stata sollevata nell’immediatezza dell’entrata in vigore della riforma mentre sia rimasta sopita per circa trent’anni, se si fa eccezione per l’ordinanza della CTP di Reggio Emilia, sulla quale nel 2016 con l’ordinanza n. 227 la Corte Costituzionale si è pronunciata per l’inammissibilità. Sorprende che nella legge 130/2022 siano state rinvenute disposizioni volte a privare l’indipendenza del giudice tributario, anche per effetto del mancato esercizio del potere di vigilanza sul personale amministrativo (sottratto al giudice ed affidato al MEF), potere di controllo già venuto meno sin dal 2015 e, quindi, in epoca già suscettiva del sindacato di costituzionalità. La tempestività/intempestività della denuncia induce a chiederci perché non prima ma solo adesso?

Seconda osservazione:

Da parte dei giudici veneti (ord. n. 408/2022 del 31.10.2022) si fa un’affermazione preoccupante. Essi scrivono, infatti, che “La persistenza di tali dubbi di contrarietà alla Costituzione delle menzionate norme ordinarie appare a questa Corte del tutto idonea a sottrarre a questa Corte medesima quella serenità che deve imprescindibilmente presiedere e preesistere all’atto del giudicare e ne determina – sino al momento di scioglimento di tali dubbi da parte del Giudice delle Leggi – la paralisi della funzione decisoria, non più libera di esprimersi in autonomia perché viziata dalla consapevolezza dell’esistenza di norme che sono idonee ad incidere sullo status dei giudicanti in modo tale da condizionarne decisivamente l’imparzialità”.

In disparte l’argomento che l’assetto denunciato, con la diversa prospettazione dei futuri giudici che entreranno organicamente nell’amministrazione, non si discosta nella sostanza dalla disciplina normativa ante riforma, il che ripropone gli stessi dubbi di intempestività del rinvio alla Corte, viene da chiedersi come possa quel giudice continuare ad amministrare giustizia se non si sente sereno. Il tema della garanzia e dell’imparzialità della magistratura dal potere esecutivo, per venire all’ordinanza dei giudici lombardi (ord. 1481/2022) si pose nell’assemblea costituente. In particolare si pose il problema di contemperare le guarentigie dell’indipendenza del potere giudiziario, che erano volte a parificarlo, quanto a posizione, a quello legislativo e all’esecutivo, con la necessità di non renderlo un corpo separato con gli altri poteri dello Stato (fu il caso scatenato dal Procuratore Generale Massimo Pilotti, messo sotto accusa dalla Costituente per offesa al capo dello Stato, che determinò anche le regole di composizione del CSM). Vicende contingenti condizionarono i lavori che fecero sorgere diverse remore sull’opportunità di sottrarre al Guardasigilli il potere di controllo sulla magistratura e sulla necessità di un collegamento tra magistratura e altri poteri dello Stato. Di qui la necessità di menzionare in Costituzione il Ministro della Giustizia rendendolo l’unico tra gli organi legislativi, oltre il Presidente del Consiglio e i singoli Ministri, ad assumere rilievo costituzionale.

Quindi, il canone interpretativo dell’art. 110 Cost. quale parametro per il passaggio della giustizia tributaria dal MEF al Ministero della Giustizia, mi appare non corretto attesa la sua genesi formativa ed inutilizzabile fondamento ermeneutico rivolto alla Corte Costituzionale dai giudici rimettenti.

L’approdo della questione nell’assemblea costituente fu di delineare in parallelo il ruolo del Ministro della Giustizia (art. 110) e quello del CSM (art. 105) e si giunse a costituzionalizzare alcuni profili di organizzazione della giustizia attribuendo gran parte di quelle funzioni al CSM, a fronte di una definizione dei poteri del Ministro come poteri non incidenti sull’attività giurisdizionale ma sull’attività amministrativa funzionale all’esercizio della giurisdizione. Il Ministro della Giustizia rimaneva il collante dei rapporti tra magistratura e gli altri poteri allo scopo di evitare scollamenti tra l’esercizio della funzione giurisdizionale e delle altre statuali.

Terza osservazione:

La questione, per come è stata sollevata, presenta troppi dubbi in ordine alla rilevanza. Basterà accennare che l’incidente di costituzionalità è stato sollevato con riguardo alla figura di un giudice che ancora non esiste nel processo, in quanto non esiste la figura di un giudice immesso nelle sue funzioni giurisdizionali dopo aver vinto il concorso pubblico previsto dalla legge 130/2022. Manca in maniera evidente la rilevanza della questione nei processi dai quali la qlc si è dipartita.

Il che porta a ritenere che tanto la velocità con la quale è stata proposta quanto la prognosi della sua inammissibilità non aiutino la riforma a decollare.

Ma ciò non toglie che si debba lavorare per farla partire e avviarla, al pari di quel che avvenne per l’attuale decreto legislativo che, approvato nel 1992, mosse i primi passi nel 1996.

Appare, invece, rafforzato il ruolo incidente del CPGT, il quale:

  • sceglie i magistrati affidatari, le modalità di affidamento, detta i criteri per il conseguimento del giudizio di idoneità;
  • assicura la formazione e l’aggiornamento;
  • delibera la nomina dei magistrati;
  • bandisce gli interpelli per il trasferimento dei giudici e sceglie gli aspiranti;
  • esprime il giudizio di demerito;
  • regge l’ufficio del massimario, ne nomina il direttore e i componenti;
  • entro due mesi dall’entrata in vigore della legge, previa individuazione dei posti vacanti con priorità per quelli delle Corti di secondo grado, dovrebbe aver bandito l’interpello;
  • entro il 31 dicembre 2023 dovrà individuare le sedi nelle quali non sia possibile assicurare l’esercizio della giurisdizione per applicare d’ufficio giudici tributari appartenenti al ruolo unico;
  • individua, infine, le misure ed i criteri di attribuzione della maggiorazione dell’indennità di amministrazione e della retribuzione della parte variabile in godimento del personale dirigenziale e non.

Ferma la nostra insistente richiesta di passaggio di consegne alla Presidenza del Consiglio, ritengo che la priorità non sia quella di bloccare i processi a causa della sospensione ex lege ma di avviare la riforma e bandire i concorsi al più presto. Ogni riforma, e quale riforma è questa, ha bisogno di tempo; è importante crederci ed è importante attendere che vada a maturazione. Non è vero che si rischia di affidare la giustizia tributaria a mani inesperte e giovani. E’ un argomento capzioso che non si solleva, invece, allorquando si manda un giovane vincitore di concorso a svolgere le funzioni di inquirente nei territori ad alta criminalità, laddove occorre sì esperienza, la conoscenza del territorio, dell’ambiente. Eppure molti di quei giovano l’hanno desiderato, l’hanno voluto.

Del pari manca di esperienza anche il magistrato che assuma funzioni nelle magistrature superiori o passi a svolgere le funzioni magistratuali in altri settori dell’ordinamento processuale. Piuttosto sono due i gravissimi vulnera alla funzionalità del sistema, che rischiano veramente di affossare la riforma, senza che nessuno se ne sia reso conto, pur avendo gli affossatori un nome e un cognome.

Il primo è la mancata previsione che i vincitori di concorso possano progredire in carriera e giungere in Cassazione. Questo deficit inconcepibile, inammissibile, che getta ombre sul sistema, va colmato mercè la modifica della norma, che consenta quel diritto.

Il secondo vulnus è l’accesso al concorso ai laureati in economia, che impedirà in blocco a tutti i vincitori di concorso di progredire in carriera fino ad arrivare in Cassazione. Si può immaginare che la giustizia predittiva renderà tutto più facile ma qui si apre uno scenario, al quale possiamo solo accennare senza avere il tempo per un esame diffuso. Vale a dire che l’esercizio della giurisdizione non può essere isolata alla lex mettendo da parte il diritto. Ha scritto Gustavo Zagrebelsky del giudice apatico, del giudice che appare e vuole apparire moralmente apatico limitandosi ad applicare formalmente la legge ma questi, osserva il prof. Zagrebelsky, dà un’immagine di sé sgradevole. La coscienza di un giudice potrebbe annullarsi trincerandosi a quella del legislatore solo se fosse possibile ridurre il diritto alla legge ma la storia millenaria del diritto dimostra che questa riduzione non è possibile.

Si è spesso indotti a ritenere che l’applicazione meccanica del diritto sia la miglior prova dell’autonomia e dell’indipendenza del giudice e che ciò legittimi l’apertura a figure professionali diverse dai giuristi puri. Se cambiamo prospettiva, attualizzando il concetto di indipendenza in un contesto storico di trasparenza delle decisioni, in condivisione del pensiero di illustri giuristi, direi che le contraddizioni della giurisprudenza, entro gli stessi gradi, nello stesso processo, lungi dall’esser prova di leggerezza o di parzialità oppure esercizio di discrezionalità, sono l’onesto sforzo di trovare soluzioni conformi al diritto, al di là delle lacune della legge, purchè non si oltrepassi il limite della creatività.

Le ragioni del primato del diritto e della rivendicazione della specialità dell’accesso alla magistratura tributaria sono tutte qui, di carattere storico, culturale e, se vogliamo, di antropologia giuridica. Ogni altra questione spicciola si rivela falsa e tendenziosa.

Firenze, 4 febbraio 2023

Avv. Antonio Damascelli - Presidente Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi

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