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La Corte di Cassazione come giudice di merito per impugnare il diniego della definizione agevolata

Dott.ssa Annarita Starita

Processo Tributario

La Suprema Corte si trova a svolgere un ruolo diverso da quello di giudice della legittimità in caso di provvedimenti di diniego della definizione agevolata. Se i giudizi pendono dinanzi alla Cassazione, l’impugnazione deve avvenire in tale sede. La Corte di Cassazione deve così giudicare la fondatezza dell’operato dell’Agenzia delle Entrate.

Diniego della definizione agevolata: la norma di riferimento

L’art. 6, comma 12, del D.L. 119/2018 prevede che il diniego della definizione, notificato entro il 31 luglio 2020, sia impugnabile entro 60 giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso cui pende la controversia. Ciò comporta che se la controversia pende dinanzi alla Suprema Corte, il contribuente dovrà impugnare il diniego dinanzi a quest’ultima denunciando i vizi di legittimità dell’atto. La Corte di Cassazione, giudice di legittimità, è così investita del potere di decidere la causa nel merito.

I precedenti nel nostro ordinamento

Già con sentenza n. 184 del 1974, la Corte costituzionale affermò che vi possono essere ipotesi normative con le quali il legislatore affida alla Cassazione compiti ulteriori rispetto a quelli che tradizionalmente e necessariamente la caratterizzano, consistenti nel giudicare dei ricorsi "per violazione di legge".

La Corte ha sentenziato che non vi è alcun contrasto con l’articolo 111, secondo comma, Cost., che non è di ostacolo ad eventuali ampliamenti del sindacato della Corte medesima. Ciò trova conferma, per argomento a contrario, nel comma successivo, che circoscrive l’ammissibilità del ricorso contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti ai soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Inoltre, l’artico 6 cit. riprende quanto già previsto dal legislatore, in tema di definizione delle liti fiscali pendenti, con la legge 289/2002 e il D.L. 98/2011 e sulle quali si è pronunciata la Corte di Cassazione.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che queste norme rivestono un carattere di assoluta eccezionalità rispetto ad un sistema nel quale è giudice di legittimità ma che allo stesso tempo l’attribuzione dell’impugnativa de provvedimento di diniego dinanzi allo stesso giudice presso il quale la lite pende risponde ad esigenze di razionalità ed economia processuale.

Lo scopo della norma

Al contribuente deve essere garantito il diritto alla difesa e questo è esercitabile dinanzi a chi conosce la controversia principale, anche per evitare un eventuale contrasto tra giudicati.

La giurisprudenza ha evidenziato come la dizione legislativa (L. n. 289 del 2002, art. 16, richiamato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, che prevede che l’impugnazione vada proposta "dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite") sia chiara nell’attribuire alla Corte di Cassazione, per le liti pendenti in fase di legittimità, la competenza in unico grado con pienezza di giudizio e, quindi, anche per motivi di merito, sul provvedimento adottato dall'amministrazione sulla domanda di definizione.

Regole ed implicazioni

L’impugnazione deve essere comunque proposta nelle forme e secondo le modalità del ricorso per cassazione dettate dal codice di procedura civile, atteso il richiamo di queste da parte del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 2 e l'inesistenza di qualsivoglia disposizione peculiare in ordine alle modalità di proposizione del ricorso. In particolare, il contribuente deve rispettare modalità e termini di notifica e deposito del ricorso, pena la declaratoria di improcedibilità.

La peculiarità di questo giudizio è che una volta depositato diviene un sub processo di quello già pendente dinanzi alla Corte, per tale ragione non avrà un proprio numero di ruolo e non sarà dovuto il contributo integrativo di €.200,00.

Dott.ssa Annarita Starita Settembre 2020

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